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domenica 23 settembre 2012

ITINERARI
andar per crateri nei Campi Flegrei
 
La Falanghina
 
 
 
La falanghina è un vitigno autoctono di pregio dalle antiche, nobili, gloriose tradizioni: vigoroso e produttivo, derivante da ceppi greco-balcanici, venne introdotto in Campania dagli Aminei, popolo pelagico.

Attualmente, si estende su un’area pari al 5% dell’intera superficie vitata regionale: i territori maggiormente vocati alla produzione sono il Sannio Beneventano, i Campi Flegrei e il Casertano.

Insigni studiosi, quali il Frojo e il Fiorito, individuano nella falanghina l’antenato del Falernum Gauranum, famoso come vino degli imperatori, elogiato da Plinio il Vecchio, celebrato da illustri poeti, immancabile sui sontuosi deschi della magnifica corte reale di Napoli ed inserito nella prestigiosa carta dei vini papale; l’Acerbi, nel 1825, lo cita tra i “finissimi fautori di piaceri sublimi della gola”.
Il nome deriverebbe dal latino phalanx, o palo, al quale le viti erano sostenute secondo il sistema di allevamento puteolano, tuttora diffuso, tipico degli antichi campi ardenti dei greci, terra magica e leggendaria, sfondo dell’epica Gigantomachia.
 

 


Prodotto enologico seducente, esprime intatta la sua tradizione di classe nella vinificazione in purezza, servito tra gli 8 e i 10 gradi: è un eccellente vino bianco dal colore giallo paglierino con riflessi verdognoli; all’olfatto si apre in un ricco ventaglio aromatico di delicate note floreali e fruttate dai profumi intensi e persistenti, con lieve sentore di ginestre, fiori della macchia mediterranea, banana, mela verde, pera, mandorla, sambuco e basilico; il sapore è secco, fresco, armonico, morbido, di buona acidità; il retrogusto amarognolo, ampio e piacevole, rammenta il melograno.


La falanghina, le cui uve a buccia bianca partecipano, con percentuali diverse, agli uvaggi di molti vini Doc e Igt campani, possiede un’incredibile versatilità: “Nessun vitigno riesce ad esprimere meglio l’anima del palato partenopeo”, afferma con convinzione il noto giornalista Luciano Pignataro.

Ottimo servito quale aperitivo, si accompagna egregiamente ai piatti tradizionali della cucina mediterranea: antipasti, riso e pasta con frutti di mare, crostacei, salse delicate, minestre di legumi, zuppe con funghi, pesce grigliato e fritto, carni bianche, formaggi a pasta molle, caprini giovani, mozzarella di bufala campana, pizze assortite, flans di verdure.
È stupefacente la capacità di questo vino rinomato di cambiare fisionomia senza sminuire invecchiando: il passito, superbo vino da meditazione, sposa degnamente la pasticceria secca; la versione spumante è particolarmente apprezzabile.

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