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venerdì 19 ottobre 2012

L'agricoltura resiste alla crisi tingendosi di rosa
 


 
 
Il mondo del lavoro lascia fuori le donne. Se trovare un impiego in tempo di crisi è sempre più difficile, lo è ancora di più per la componente femminile, soprattutto se si parla di giovani e di Mezzogiorno.
Eppure c’è un settore produttivo -l’agricoltura- in cui invece la presenza femminile s’è imposta e continua a crescere. Senza bisogno di “quote rosa”. Oggi infatti le aziende agricole condotte da donne sono più del 33 per cento e le lavoratrici rappresentano quasi il 40 per cento della forza lavoro del comparto. Con un processo graduale di “femminilizzazione” che parte proprio dalle regioni meridionali. E’ quanto emerge da un’analisi della Cia-Confederazione italiana agricoltori, diffusa in occasione del convegno “Il contributo dell’agricoltura per la riforma del lavoro e la crescita” con il ministro Elsa Fornero.
Mentre si allentano le possibilità di fare impresa in Italia, il settore primario diventa foriero di nuove occasioni, in particolare per le donne. In dieci anni la quota di aziende agricole guidate da una “lei” è passata dal 30,4 per cento al 33,3 per cento attuale. Vuol dire che un’azienda su tre in campagna è “rosa”. Ma c’è di più: valori superiori alla media si registrano proprio nel Sud, dove il numero di donne a capo di un’impresa agricola arriva al 34,7 per cento del totale. Più in dettaglio -sottolinea la Cia- oggi le “imprenditrici della terra” sono un piccolo esercito che gestisce circa 540 mila aziende, di cui 245.045 iscritte alle Camere di Commercio e più della metà a conduzione familiare.
Si tratta di aziende dinamiche e creative, orientate naturalmente alla qualità con il biologico, le produzioni di nicchia Dop e Igp e la vitivinicoltura, ma anche verso quelle attività più legate al sociale e alla cura della persona -osserva la Cia-. Regine dell’arte dell’accoglienza e custodi delle tradizioni contadine, infatti, le agricoltrici moderne aprono le porte delle loro aziende non solo ai turisti, ma alle scolaresche, ai disabili, agli anziani. E lo fanno creando agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agri-nidi e agri-asili. Tutti servizi all’avanguardia che fanno schizzare a 9 miliardi di euro il contributo delle donne al valore aggiunto dell’agricoltura (circa 26 miliardi).
 
L'agricoltura è l'unico settore che cresce e crea occupazione. I dati parlano da soli: il valore aggiunto aumenta dell'1,1%, mentre il numero degli addetti sale addirittura del 6,2%. Nonostante la crisi grave e persistente, il comparto, quindi, è estremamente vitale e può fare anche di più con le sue grandi risorse e potenzialità. E' in grado di assorbire in tempi rapidi più di 200 mila disoccupati, ma è indispensabile che vengano abbattuti costi (produttivi e contributivi) e burocrazia che oggi paralizzano le imprese agricole. Nelle campagne, a differenza di industria e servizi, c'è ancora possibilità di lavoro e ciò può essere sfruttato da parte del governo con interventi mirati che consentano agli imprenditori agricoli di riprendere a 'marciare' e di aprire le porte ai tanti lavoratori che sono stati, purtroppo, espulsi dagli altri settori produttivi.

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