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venerdì 4 maggio 2012


Soppressata di Gioi
 
Nel Compendio di agricoltura pratica edito nel 1835 si parla diffusamente della soppressata di Gioi: si sottolinea l’antichità di questa produzione (i primi cenni risalgono addirittura al XI secolo) e la singolarità della tecnica. Infatti è l’unico salame campano lardellato, una tecnica che si ritrova ad esempio in Abruzzo. Evidentemente gli scambi di informazione ai tempi della civilità pastorale transumante funzionavano meglio di quanto crediamo.
 Si ricava soltanto dalle parti pregiate del suino: filetto, coscia, lombo e spalla, accuratamente mondate di tutte le cartilagini e dei nervetti. La carne è sminuzzata finemente, condita con sale, pepe e, in certi casi, peperoncino e finocchietto. L’impasto, amalgamato con cura, deve riposare per una decina di ore. Quindi si insacca nel budello naturale, inserendo al centro un filetto di lardo lungo quanto il budello stesso. Inizia poi la fase della stagionatura, che può essere preceduta da una leggera affumicatura. La presenza del lardello, oltre che dare un tocco decorativo, contribuisce a mantenere umido l’impasto nella fase di stagionatura che tende a seccare un poco i salumi. La maturazione ottimale è di 40, 45 giorni (in ambiente naturale): dopo questa fase chi voleva conservare a lungo i salami era solito immergerli in un bagno d’olio di oliva o di strutto. La soppressata di Gioi ha la forma di una pagnottella divisa in due (una piccola paesana) e il colore (della buccia e dell’impasto) rosso bruno, reso ancora più intenso dal contrasto col bianco marmoreo del lardo intero. I profumi sono molto intensi e aromatici: le note minerali e affumicate non devono prevalere sui sentori speziati e muschiati. In bocca il gusto è lungo, ricco, con una sfumatura finale di castagna.

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